14 giugno 2014

Tokyo, 14 giugno 2014

Tomomi fa la hostess. Cerca di adescare i clienti perché entrino e consumino nel karaoke bar per cui lavora. Non le piace che un gaijin la fotografi, non le piace essere osservata come fosse una cosplayer, lei lavora. E' quanto basta. Non le serve mica per vivere, ha una famiglia che la mantiene agli studi, ma con il modesto salario che guadagna può comprarsi dei capi di moda; Prada, Gucci o Vuitton. Io passo veloce, ma non posso fare a meno di notare quante siano quelle, come lei, in divisa da studentessa, che consegnano cartoline e buoni sconto per il locale, gridando il benvenuto "irasshaimaseeeee" ai passanti distratti. La sera a Shibuya, babelica come sempre. Migliaia di ragazzi chiassosi che si ritrovano. Salgo al terzo piano di un palazzo pieno di ristoranti. Chiedo se c'è posto, la cameriera, imbarazzata, non sa come fare a dirmi che il locale è prenotato da un gruppo di studenti, per una festa privata. Il posto, all'antica, come le vecchie locande, ha un pavimento lucido e liscio, in legno nero. Si entra scalzi. Il ragazzo che è uscito dall'ascensore insieme a me si leva le scarpe e raggiunge la tavolata, tra urla di saluto e risate generali. C'è molto fumo. A Tokyo si fuma ancora nei luoghi pubblici. Al piano superiore un altro ristorante, sempre Goku, ma diverso, ha tanti piccoli box,chiusi da separè (gli shoji) e da tendine di garza di cotone di color bruno, che benché trasparenti, garantiscono la privacy. Luci soffuse, aria di altri tempi. Shibuya sembra un pò il fantasma di se stessa, centro culturale della vita underground ha lanciato anche mode e pose estreme che hanno attechito. Oggi non ci sono più le ragazze vestite come in Spazio 1999, con trucco argentato o fluo su palpebre e labbra, che si muovono al rallentatore. Ha perduto lo smalto, il formicolare di ragazzi e ragazze è più normale e gli stessi negozi, con le insegne sgargianti e in movimento, che ispirarono Blade runner, ora sono molto più banali. Venti anni fa c'erano gang di motociclisti dall'aspetto minaccioso che facevano rombare i loro motori. Mi sembravano l'incarnazione di Kaneda e le gang raccontate da Otomo. Oggi ci sono i guardian angels, con il loro basco rosso, ma niente di realmente pericoloso pare accadere. C'è, costante, questo sì, come allora, un gusto diffuso per "impersonare", un estensione di un gioco di ruolo esistenziale. I guardian angels, a differenza di quelli americani, non fanno davvero la guardia, semplicemente posano a guardian angels, in questo gioco di rappresentazione che conferisce un ruolo a tutti, per il sabato sera.

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