21 giugno 2014

Tokyo, 21 giugno 2014

Abbiamo appuntamento alle 2 al suo studio. Secondo piano, appartamento 210. Lui è lì che lavora come un matto, con i suoi 3 assistenti, fa crescere il suo nuovo libro, pensato non solo più per il Giappone ma anche per l'Europa, che ora lo ama. Io e Jiro siamo amici da vent'anni esatti, da quando cioè, vinsi la MMF Morning Manga Fellowship, che mi consentiva di stare un anno in Giappone. Potevo girarmi le dita ma invece colsi al balzo quella occasione unica per vedere il mondo del manga da vicino. Quando mi chiesero se c'era qualcuno dei mangaka che mi avrebbe fatto piacere incontrare, io dissi che, sì, Taniguchi mi interessava. Lui, strappando del tempo prezioso alle sue scadenze venne una sera a cena, nel ristorante di un grande albergo di Tokyo. Un uomo mite e timido che aveva l'aria di soffrire rispetto alle regole dell'industria della carta stampata nipponica, che imponeva scandenze inumane. Lui conosceva diverse cose del fumetto europeo. Si interessava di quello realistico, Giardino e Micheluzzi gli erano affini. E mi chiese se li conoscevo. Io ero curioso di quel suo modo di lavorare, personale e sensibile, che riusciva a sopravvivere alle onde oceaniche di un'industria della quantità. "sono un mangaka lento" diceva, "qui mi surclassano tutti". Ma i suoi occhi sorridevano, era chiaro che lui era un guerriero che la sapeva lunga, un vecchio maestro che non si faceva spaventare per così poco.
Negli anni il rito dei regali a ogni incontro divenne meno formale, "pensano tutti che io ascolti solo musica classica, ma a me piace il rock", scherzava, e mi regalava dischi dei calexico, o dei cibo matto. Io ricambiavo con musica dei latin playboys o di the black keys. "invecchiando sto diventando più lento, Igorto san" mi dice. Adesso faccio la metà di quello che disegnavo prima. Un solo libro all'anno. Mi parla di lavori che ruotano attorno alle 200 pagine, una produzione per cui ogni autore occidentale sarebbe felice. E lui, che in fondo lo sa, sorride sornione. "Ora che sei amatissimo in Europa, vorresti vivere da noi? Lavorare con i nostri ritmi?" Lui ci pensa e nei suoi occhi appare la nostalgia, fluttua per un momento nell'aria la silouhuette dell'isola incantata, il Giappone. "no, dice" non saprei vivere lontano da qui".
Sorridiamo, in questo pomeriggio caldo, sappiamo entrambi che è vero. E mentre ci offre del té verde gelato, e io scatto qualche foto al suo studio, lui si schermisce: "è molto disordinato, mi dispiace".
"Ma è tuo, Jiro san, questo studio è il tuo studio, si sente che qui nascono le tue storie". Parliamo de Gli anni dolci, un lavoro che ho molto amato. "Sai è tratto da un romanzo molto interessante". "lo so, Jiro San, ma tu hai fatto un lavoro di adattamento meraviglioso", Sorride imbarazzato. Poi, dato che ci dobbiamo rivedere dopo poche ore a cena lo lascio lavorare, so che per un mangaka essere interrotto nel momento della concentrazione è una violenza, un'invasione vera e propria. Prima di uscire gli dico, "un'ultima cosa Jiro San, questo inchiostro Pilot è buono? E' coprente? Lui dice che è molto buono, non è nerissimo ma è idro-repellente, e quell'altro è migliore, forse, non sa, l'ha appena preso. "Prendi la boccetta". "Ma no grazie, Jiro San, la trovo, volevo solo sapere come ti trovi". Poi mi fa vedere che traccia le linee con dei pennarelli calibrati Multiliner. Dice che li aveva chiesti anche Moebius, ma che poi non gli son piaciuti. Poi parliamo di pennini. I ferri del mestiere insomma. Lui insiste, vuole che prenda il suo pennino in regalo. Io dico: "ma come sarebbe Jiro San? E' come se due samurai si scambiassero le spade, una cosa insensata". Ridacchia: "no, no, io non sono un samurai, dai provalo". E così il pennino di Jiro san farà un lungo viaggio e verrà a vivere in Europa, farà compagnia ai miei Brause. E, ne sono certo, diventeranno amici.

Nessun commento: