23 luglio 2011

pop


per caso, passeggiando per Broadway, mi imbatto in Strand, storica libreria. Decido di entrare a dare un occhio, la cultura dell'over, dell'esagerato, del magniloquente, si è diffusa come un virus e ha infettato anche il mondo dei libri, qui. La copertina di un romanzo diventa merchandising e dunque, t-shirt, sacchi di tela stampati, tazze, memorabilia in genere. Trovo una borsa di Seth, una di Clowes e decine di altre dal design molto curato. Salgo al secondo piano, il reparto graphic novel è molto fornito. Ci sono anche i classici come Gasolyne Alley o Popeye, ristampati in edizioni curatisime, parzialmente in stile Chip Kidd, il grafico rivoluzionario che ha impaginato i libri sui miti del fumetto (Batman o Peanuts che fossero) tenendo ben presente la lezione degli artisti pop. "Pop will eat itself", diceva quello, negli anni 80. E così pare che sia. Il fumetto guarda se stesso con occhio straniato.

Invece si respira un aria molto diversa da Forbidden planet, che è a pochi passi da Strand. Nel pianeta proibito il fumetto sembra ancora celebrato per il suo mito muscolare e fantasmagorico, pare di essere non tanto in due posti fisici diversi, quanto piuttosto in due epoche differenti. Sono troppo vecchio per scudi e mantelli, la mia stagione di carnelvale è passata molte lune fa. Ugh!

Da Strand il fumetto è più sobrio, appesi i cazzotti al muro si cerca di percorrere strade narrative intime (chester Brown, Lucille) o di leggere il reale con occhi disincantati (Sacco o Modan), per dire. E così Paying for it sale al 45° posto tra i libri più venduti in America.
E' una nuova stagione che vede gli editori setacciare migliaia di libri stampati in altri paesi, alla ricerca di qualcosa che parli a un audience america e vorace, che per ora rimane, in parte, a becco asciutto.

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